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ILARIA FOSSATI: LA MIA 9 COLLI RUNNING PER FERMARE IL TEMPO

 

Nove Colli Running… Non ci sono le cicale nei prati, nel silenzio rotto solo dai nostri passi, non ci sono i colori caldi del tramonto dal Ciola; non ci sono gli sguardi festosi ai ristori, ma volti preoccupati ed infreddoliti. Non ci sono le lucciole a rendere mite la notte, non c’è la luna che canta sul Perticara, più vivida e grossa del sole, non ci sono i ciclisti notturni che salgono cantando, e scambiano battute, rendono l’aria leggera. Non ci sono le luci della notte nell’aria mite e tersa, amici e parenti che aspettano fuori dalle macchine gli atleti, non ci sono i paesani, i pochi bambini dell’anno scorso… C’è solo pioggia e acqua, e torrentelli sulle strade e una nebbia porca su al Barbotto.

Non si vede niente, mi metto il giubbotto tipo “sonofermainautostrada” che sembro la mascotte della Protezione Civile…ma ci sono troppe macchine e nessuna luce. Ed ho paura.

L’atmosfera è pesante quest’anno, la paura del freddo e del tempo brutto è forse peggio della pioggia stessa…il clima è pesante, sembrano tutti preoccupati.

I randonneur notturni salgono a capo chino, le spalle pesanti, grevi nelle loro mantelle high tech.
Le loro luci potentissime che l’anno scorso mi avevano stregata sono pallide, offuscate dalla nebbia, dalla pioggia.

Eppure questi Nove Colli sono gli stessi, ma è tutto più difficile. L’umidità entra dentro la pelle, non bisogna fermarsi, non bisogna sedersi…
Cerco con gli occhi la mia macchina, vederla attraverso la pioggia mi rincuora.
Eppure corro, salgo e scendo e non ho crisi, nemmeno nei punti che l’anno scorso ricordavo come un incubo…

L’assistenza di Luciano è perfetta, arriva acqua calda ed il mio intruglio carbo-proteico nello shaker quando serve.
Che differenza… non devi preoccuparti di nulla, solo correre e basta. E poi ad ogni km hai sempre un sorriso, una voce che ti dice “stai andando bene!”. Tutto ciò è più forte del monsone che imperversa.

Fra un po’ Noè chiamerà a raccolta tutti gli animali della valle e chi primo arriva all’arca, meglio alloggia. Secondo me, Noè mi scarterà sicuramente. Mi tocca farmela a piedi.

Mi sono mancati i colori di questi colli dolci, la loro curva all’orizzonte.

Testa bassa, mani dentro la giacca di Goretex…che non si bagnano.
Mani nei guanti Vileda che non saranno molto fashion ma assolutamente provvidenziali.
Mani che mettono e tolgono pantaloni bagnati e giacche fradice.

Questa gara, anche in queste condizioni, è uno spettacolo. Magia pura, nel silenzio senza tempo della pineta del Pugliano, la discesa lunghissima a Ponte Uso 2.
Ed è già giorno, sto andando benissimo. E ancora non mi rendo conto di essere qui, qui ed ora.
Con i capelli bagnati e i piedi freddi.
Ma non farei cambio con nessun camino acceso né pantofole calde.

Qui ed ora…inizia il pezzo più duro, il lungo trasferimento da Ponte Uso 2 all’attacco del Gorolo. E ritorna il monsone con tutta la sua forza, non si può correre a bordo strada perché è allagato, ma le macchine sfrecciano e già che ho i miei problemi a mettere un passo dopo l’altro, devo pure pensare a salvarmi la pelle…
Perdo un sacco di tempo, sono 10 km ma mi sembra infinito questo pezzo…
e poi arriva l’ultima salita, quella che ti illudi “adesso è finita!” ma poi no, hai ancora 30 km che se ci pensi…sono davvero tanti!

Gorolo, stravolta.
Cammino, tanto prima o poi ci arrivo a Cesenatico.
Si scollina…e non c’è l’azzurro del mare che si fonde col cielo come l’anno scorso, che mi toglie il fiato.
Tutto grigio e temporale all’orizzonte.

Inizia la lotta con i mostri della mente, con l’irreale. Ho caldo, ho freddo (nel giro di pochi metri), sensazioni che nascono solo per disturbarmi, ma non riesco a vincerle. Devo assecondarle.
E poi si scende verso Borghi, verso il mare…e sai che ce l’hai fatta già una volta e che un passo dopo l’altro ci si arriva.

La crisi passa…la crisi passa…

Luciano mi fa riflettere sul fatto che finora non ero mai crollata, non avevo avuto nemmeno un cedimento, una piccola crisi. La logica dell’esperienza fa a pugni con le mie sensazioni di insofferenza, ma so che è così…
È buffo ricordarlo ora…ma in questi momenti il cervello si riduce a mantenere le funzioni primarie.

…e i ciclisti della 130k mi sfrecciano di fianco, mi salutano, pollice alzato, un cenno, un grido…è festa.
È sportività…è cuore…e poi qualcuno grida il mio nome, diverse volte, riconosco soloRomeo…ma bardati da ciclisti siete irriconoscibili!

Il pendio va a morire sui rettilinei finali, la folla si accalca sulla strada perché stanno per arrivare quelli forti della 200km, quelli veri…quelli che quando ti passano vicino ti fanno la permanente. Auto della polizia, sirene, motociclette…fate largo…so che tra le prime sirene ed il gruppo di testa passano una decina di minuti…mi metto in mezzo alla strada, mi rubo l’applauso del pubblico, mi guardano divertiti, un po’ stralunati, ma qualcuno sa che siamo in giro da 190 km, si sparge la voce, e diventa acclamazione.

Sembra quasi che mi stia divertendo!

Mi aggrappo a qualsiasi sensazione pur di andare avanti… Riprende a piovere, si alza il vento (fino alla fine…) finché capisci che ormai è fatta quando vedi il cavalcavia (sì, proprio quelli che in gara normalmente ODI). Il cavalcavia che ti consegna al tuo momento di gloria, di infinito, quando anche i vigili ti danno il cinque…e aumenta il passo, le gambe che prima erano inchiodate girano, corrono, stai volando.
Non parlatemi di adrenalina: questa è magia, è il miracolo dell’endurance. Puoi essere morto finché vuoi, ma ad un certo punto puoi riprendere a volare… Il rettilineo finale…attenta alle bici…stai vicino alle transenne… I volti, le mani che si tendono, l’abbraccio di Mario Castagnoli, le lacrime. È finita.

202.4 km di vita, per la prima volta condivisi con un’assistente di prim’ordine.
“Grazie” non rende l’idea…forse bisogna solo esserci passati, aver dominato questi colli per capire i confini della NCR.

È l’unica gara capace di fermare il tempo… Scusa se è poco.