Quando hai cominciato a correre?
All’età di dieci, undici anni, quindi posso dire di correre da sempre, anche se, da qualche anno, non lo faccio più a livello propriamente agonistico a causa del mio lavoro, che mi impegna molto proprio durante i fine settimana.
Quali le specialità, i terreni sui quali ti senti maggiormente a tuo agio?
Ho sempre corso su strada, dandomi al cross durante l’inverno e facendo un po’ di pista in estate, anche se, attualmente, mi sono buttato nel trail, ma solo per personale piacere, per divertimento. Ma la strada è il mio habitat naturale…
Hai appena vinto la Fuerteventura To Run, gara a tappe che si è corsa in una delle più suggestive isole dell’Arcipelago delle Canarie: ce la racconti?
Innanzitutto devo spiegarne il format: si trattava di 60km da correre in quattro tappe, le prime tre più brevi ed organizzate da Zitoway, l’ultima, invece, era la Media Maratón Internacional Dunas de Fuerteventura, nella quale sono arrivato quinto assoluto, terzo maschio. È stata una gara bellissima, corsa in un ambiente selvaggio, molto arido e vulcanico. Abbiamo corso ogni giorno in luoghi differenti, ma sempre molto suggestivi: lungo la costa oceanica, tra i canyon dell’entroterra ed i mezzo alle dune di sabbia…
Quale la gara che ricordi come la più bella della tua carriera?
Sarà che è la più fresca, ma la Media Maratón Internacional Dunas de Fuerteventura mi è piaciuta veramente moltissimo. Accanto ci metto quella che sarà anche la mia prossima gara, il Valtellina Wine Trail che ho già corso l’anno scorso.
E la gara che devi ancora correre?
Più che una gara che devo ancora correre, una gara che vorrei correre di nuovo, anche perché l’ho già affrontata nel 2001, ma camminando a causa di un infortunio: parlo della New York City Marathon.
Tu ti occupi anche dell’organizzazione di gare?
Sì, attualmente collaboro all’organizzazione della Highlander Run che si corre a Bergamo in giugno: si tratta di una gara sui 400 metri all’americana, ovvero ad eliminazione, nella quale invitiamo ogni anno i più forti atleti italiani.
Ci racconti il tuo personale rapporto con l’abbigliamento Oxyburn?
Con il materiale Oxyburn mi trovo molto bene, in special modo con i calzettoni a compressione graduata che nelle gare e negli allenamenti lunghi sono fantastici perché preservano i polpacci. Ma un plauso va fatto anche alla vestibilità, al comfort, alla traspirabilità ed ai materiali: oltre ad essere bello, infatti, l’abbigliamento Oxyburn può essere indossato per molte ore senza bagnare o raffreddare il corpo. Il top!